Serafico di Assisi all’Onu: diritto a esprimersi per persone con disabilità

Serafico di Assisi all’Onu: diritto a esprimersi persone con disabilità

La presidente Di Maolo: rendere vivi i diritti, non solo principi

L’Istituto Serafico di Assisi è intervenuto alle Nazioni Unite nel corso della Cosp18, la Conferenza degli Stati Parte della Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità, sottolineando l’importanza di garantire alle persone con disabilità non solo diritti formali, ma anche opportunità concrete di espressione personale e partecipazione sociale. Su invito della Ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli, il Serafico ha presentato una testimonianza pratica del modello italiano, che va oltre la normativa e traduce i principi della Convenzione in azioni quotidiane personalizzate.

Francesca Di Maolo, presidente dell’Istituto, ha evidenziato che la dignità si afferma non soltanto assicurando assistenza, ma soprattutto dando alle persone la possibilità reale di costruire relazioni, partecipare alla vita e raccontare se stesse. Per Di Maolo, i diritti rischiano di restare astratti se non si creano condizioni concrete per poterli vivere. Questo impegno riguarda tutte le persone con disabilità, incluse quelle con maggiori complessità, che non necessitano solo di cure ma di spazi per realizzarsi e per avere un ruolo attivo nella società.

La presidente ha richiamato l’attenzione sul valore costituzionale della persona, che nella Carta italiana è posta al centro della vita sociale, con tutela della libertà e della dignità tramite strumenti culturali, artistici, sportivi e sociali. Le attività promosse dall’Istituto, come laboratori di ceramica, teatro e musica, non sono finalizzate semplicemente a occupare il tempo, bensì a sostenere la costruzione dell’identità individuale. La possibilità di scegliere, sperimentare, anche sbagliare e ripartire è vista come elemento essenziale per affermare la dignità umana.

Tra gli esempi illustrati a New York, il laboratorio di ceramica si configura come uno spazio di autonomia e decisione: scegliere un colore o una forma diventa un modo per affermare la propria presenza e partecipazione al mondo. Il tempo libero, secondo il modello proposto dal Serafico, non è un riempitivo ma parte integrante del progetto di vita della persona con disabilità, un’occasione per costruire relazioni autentiche e sviluppare capacità autonome.

La recente riforma italiana sulla disabilità rappresenta un avanzamento significativo nella legislazione nazionale, posizionando il Paese tra i più avanzati in materia di diritti per le persone con disabilità. Tuttavia, Di Maolo ha evidenziato come il vero cambiamento debba essere soprattutto culturale. Non è sufficiente adottare leggi progressiste, ma è necessario modificare il modo di vedere la disabilità, passando dall’assistenza alla persona all’incontro con la persona stessa.

Per realizzare questa trasformazione è indispensabile un cambiamento di prospettiva che porti a vedere, ascoltare e affiancare le persone con disabilità, senza sostituirsi a loro nelle scelte ma camminando insieme verso la realizzazione di ciò che desiderano diventare. Il modello del Serafico, in questo senso, rappresenta un esempio concreto di come le norme possano essere tradotte in percorsi personalizzati che rispettano e valorizzano l’unicità di ogni individuo.

Nel suo intervento, Di Maolo ha sottolineato che la vera dignità si fonda sul diritto all’autodeterminazione e sulla possibilità di costruire relazioni sociali piene e autentiche, aspetti che vanno ben oltre la semplice assistenza sanitaria o sociale. Questo approccio coinvolge attività artistiche, culturali e ricreative come strumenti fondamentali per l’espressione di sé e la partecipazione alla comunità.

Il Serafico di Assisi, grazie a questa visione, porta all’attenzione internazionale un modello che mira a creare condizioni reali per il pieno esercizio dei diritti delle persone con disabilità, con l’obiettivo di superare una visione meramente assistenzialista e orientarsi verso una piena inclusione e partecipazione sociale.

In conclusione, il messaggio offerto dall’Istituto all’ONU ribadisce la necessità di tradurre i principi giuridici in pratiche di vita quotidiana che diano voce e spazio a ogni persona, riconoscendo in ciascuno un soggetto unico, con proprie aspirazioni e capacità. Solo così si può davvero garantire che i diritti non restino semplici enunciazioni teoriche, ma diventino strumenti vivi di autonomia e partecipazione sociale

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