Cristy, Hope e Favour, le tre sorelle migranti che vivono alla Curia vescovile di Assisi. In un appartamento accanto alla Stanza della spoliazione del Santo vivono tre ragazze nigeriane arrivate su un barcone dalla Libia. La Curia vescovile di Assisi ha aperto le porte per dare ospitalità a tre ragazze nigeriane: Cristy, Hope e Favour, questi i loro nomi, sono tre sorelle di trentaquattro, sedici e diciassette annida diversi mesi in Italia dopo aver affrontato un lungo viaggio della speranza rivelatosi invece fatale per il fratello tragicamente annegato prima di giungere a Lampedusa. Attualmente vivono nell’appartamento messo a loro disposizione dal vescovo monsignor Domenico Sorrentino.
«L’ingresso è proprio nell’atrio della Sala, ho scelto apposta quegli spazi perché fossero un segno anche per la diocesi, è bastato rinunciare a qualche ufficio di curia e farlo sistemare, due sale, la cucina, la tv, la camera da letto», spiega tranquillo l’arcivescovo Domenico Sorrentino in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera. «Ho solo voluto dare il mio contributo – ha detto -, fanno parte del gruppo più ampio di migranti arrivati da noi attraverso la Caritas diocesana. Una storia tragica, come tante nel Mediterraneo.
Le tre sorelle sono orfane e hanno perso tutti i loro fratelli. Non parlando bene l’italiano vengono aiutate in ogni loro esigenza dalle suore carmelitane messaggere dello Spirito Santo con le quali condividono i momenti dei pasti quotidiani: «Sono fuggite dalla Nigeria – ha aggiunto Sorrentino -, hanno perduto i genitori e credo non sia rimasto loro nessuno, quando ho provato ad accennarne avevano le lacrime agli occhi. Si sono imbarcate in Libia e il fratello che stava con loro è morto in mare».
Sono cattoliche come lo era il padre, ma la maggiore non aveva mai ricevuto il battesimo e quando lo ha chiesto al vescovo è stato lui a seguirne la catechesi, «l’ho battezzata in cattedrale nella Veglia di Pasqua. Si è creata la sincerità di un rapporto di famiglia – continua il vescovo nell’intervista al Corriere, hanno cominciato a chiamarmi papà», sorride monsignor Sorrentino. «Devo dire che sto sperimentando le difficoltà dei genitori. Sa, non è facile con gli adolescenti. A volte è dura combinare tutti gli impegni ma con l’aiuto di Dio ci sto riuscendo. Quando ho deciso di accoglierle in casa mi avevano messo in guardia: guardi che sono un po’ ribelli! Ma è troppo comodo dire agli altri di accogliere e poi occuparsi solo dei casi più semplici. Ho imparato a essere più umile nel pretendere dagli altri».
Le tre sorelle seguono le attività della Caritas: «Hanno la loro vita – ha concluso Sorrentino -, seguono le attività della Caritas, vanno a lezione di italiano e io stesso faccio loro un po’ di scuola. È una cosa davvero bella, mi ha fatto mettere in pratica ciò che vado ripetendo, la necessità che la Chiesa recuperi il tono originario: mettere in comune i beni come negli Atti degli Apostoli, non aver paura di rischiare nella carità. È un sogno che ad Assisi siamo cercando di realizzare con le “famiglie del Vangelo”, sul modello delle prime comunità cristiane. Il Vangelo funziona».
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