Assisi, apertura della Solennità del Perdono

Ci sono porte che sembrano chiuse. Proprio quando più ne abbiamo bisogno. Maledettamente sbarrate. Talvolta sembra che perfino la porta del cuore di Dio, della sua Misericordia, non potrà più aprirsi per riaccoglierci: “Non questa volta … L’ho combinata troppo grossa … ormai siamo lontani … Forse Lui non esiste nemmeno, oppure sono io che non esisto più per Lui …”. La magnanimità del Signore, però, fa sì che la fede di uno possa aprire a molti quella porta (solo apparentemente chiusa). Francesco lo ha fatto per noi, nel 1216, rivolgendosi così a Gesù:

“Ti prego che tutti coloro che, pentiti e confessati, verranno a visitare questa chiesa, ottengano ampio e generoso perdono, con una completa remissione di tutte le colpe”.

Ecco la sconfinata fiducia nella sconfinata misericordia di Dio, per cui Francesco è reso degno di maggiori cose … e di maggiori ne ha avute per noi!

Per questo oggi, al termine della Solenne celebrazione eucaristica delle ore 11, fr. Michael A. Perry, Ministro Generale dell’Ordine dei Frati Minori, in quanto successore di S. Francesco, può ripetere simbolicamente ciò che il Poverello ci ottenne quasi ottocento anni fa: bussare alla porta del cuore misericordioso di Dio, con l’assistenza materna di Maria Santissima. Così fr. Michael apre la porta della Porziuncola, la cui chiusura mattutina sembrava lasciare sgomenti i fedeli assisani e i pellegrini che già conoscono il nostro Santuario e ben sanno che quella della Porziuncola è una porta sempre aperta.

Omelia del Ministro Generale per il Perdono di Assisi 2014

Carissimi fratelli e sorelle,

Il Signore vi doni la sua pace!

Eccoci ancora una volta radunati presso la piccola chiesa della Porziuncola, tanto cara a Francesco d’Assisi.

Siamo venuti proprio qui, da molte parti d’Italia e del mondo, per chiedere il “Perdono di Assisi”.

Siamo venuti proprio qui perché questa chiesetta NON è una reliquia del passato: al contrario, essa ci parla nel presente e ci provoca a un esame di coscienza. Aiutati dalla Vergine, che qui chiamiamo “Santa Maria degli Angeli”, possiamo chiederci se siamo realmente aperti al Signore, se vogliamo offrirgli la nostra vita perché sia una dimora per lui. Oppure se, invece, abbiamo un po’ di timore della presenza del Signore, se temiamo che Egli possa limitare la nostra libertà, e perciò se vogliamo tenere per noi una parte della nostra esistenza, se vogliamo che Dio non entri troppo nella nostra vita…

Mi sembra che questa chiesetta della Porziuncola conservi un simbolismo molto prezioso per noi. Come sapete, la Porziuncola è una casa sempre aperta, la sua porta è sempre spalancata! Questa chiesetta non è solo un invito: è un abbraccio che la Madonna degli Angeli offre a chiunque vi entri. Essa in questo modo ci dice: non abbiate paura di aprire anche voi le vostre case, le vostre famiglie, la vostra vita alla presenza del Signore.

Allora: lasciamoci sfidare, accettiamo la parola della Madre — che ci dice: “venite, venite nella mia casa e diventate anche voi, ogni giorno della vostra vita, una vera dimora del Signore, nella quale tutti i figli di Dio e tutte le sue creature sono nostri fratelli e sorelle in Cristo”. Maria è “Dimora vivente” del Signore; la sua casa della Porziuncola è la casa comune di tutti noi, perché, dove abita Dio e dove è la Madre di Gesù tutti siamo “a casa”.

Per questo motivo, nello Specchio di perfezione – opera di un frate minore del Trecento – troviamo l’elenco delle “prerogative concesse dal Signore al luogo di S. Maria degli Angeli”, considerata la chiesa-madre del francescanesimo. Ve ne leggo qualche passaggio che mi sembra particolarmente significativo per questa Festa della misericordia di Dio, nel lieto giorno del Perdono di Assisi:

“Questo luogo è veramente il santo dei santi,
meritatamente stimato degno di onori.
[…] Qui le presenze angeliche irradiano la loro luce,
qui sogliono passare le notti,
facendo risuonare degli inni.
Era tutta in rovina e Francesco la restaurò:
[…] In questo tempio fu generato l’Ordine dei Minori,
Chiara, sposa di Cristo, qui si lasciò recidere le chiome
e seguì Cristo, abbandonando gli splendori del mondo.
Sacra Madre [S. Maria degli Angeli],
essa diede alla luce Fratelli e Sorelle,
e per loro mezzo partorì Cristo rinnovando il mondo.
[…] Qui viene dimostrato il vero di cui si dubita,
e viene concesso tutto quello che il Padre [Francesco] domanda” (cap. 84).

L’autore francescano, esaltando la Porziuncola, ci ha lasciato una precisa immagine di S. Francesco, ovvero quella di un uomo, di un santo vicino al dolore e ai limiti umani, dotato in un certo senso di un “carisma materno” che essenzialmente appartiene a Dio.

La “maternità di Dio” si esprime nella sua misericordia infinita, nel suo amore incondizionato per tutto il creato e nella tenerezza senza limiti.

Possiamo dire che san Francesco è “madre” per la fecondità spirituale della sua vita evangelica.

Ed egli è madre non solo dei suoi frati, ma anche dell’umanità intera.

S. Bonaventura, nella Leggenda maggiore, dice che il santo di Assisi sentiva una tale attrazione verso le anime che,

“quando le vedeva inquinate dalle brutture del peccato,
le compiangeva con una commiserazione così tenera
che, ogni giorno, le partoriva, come una madre in Cristo” (FF 1134).

L’indulgenza della Porziuncola, pertanto, svela in maniera singolare questo Francesco-madre: egli, pieno di zelo per le anime, ha chiesto e ottenuto per l’umanità peccatrice il Perdono, ossia un’indulgenza plenaria per la terapia dello spirito, un’indulgenza che è il vertice delle opere di misericordia corporali e spirituali, le quali sono la risposta dell’uomo al Dio infinitamente misericordioso.

Francesco, da fedele discepolo del Signore Gesù, ebbe un amore e uno zelo per le anime tale da desiderare ardentemente la salvezza di tutti. E non solo si limitò a desiderarla, ma anche la procurò, grazie all’Indulgenza che, con l’aiuto della Madonna, egli chiese da Cristo e poi si fece confermare da papa Onorio III nel 1216.

Anche il dipinto nella pala d’altare (opera di prete Ilario di Viterbo, eseguita nel 1393) spiega — a quanti si fanno pellegrini alla Porziuncola l’origine e il significato dell’indulgenza plenaria.

Al centro del dipinto troneggia la scena dell’Annunciazione, di cui abbiamo appena riascoltato il racconto evangelico. Questo dipinto ci ricorda il più grande evento della storia umana, ossia l’incarnazione del Figlio di Dio, unitamente alla risposta che la Beata Vergine diede all’angelo annunciatore: “Eccomi, sono la serva del Signore”.

Il Verbo si è fatto carne. Maria, la serva di Dio, è divenuta la “porta” per la quale Dio è potuto entrare in questo mondo. Anzi, non solo la “porta”: Ella è divenuta “dimora” del Signore, “casa vivente”, dove ha abitato realmente il Creatore del mondo. Maria ha offerto la sua carne perché il Figlio di Dio prendesse la nostra carne e diventasse come noi. Proprio come ci ha ribadito l’Apostolo Paolo nella seconda lettura di oggi:

“Quando venne la pienezza del tempo,
Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge,
per riscattare coloro che erano sotto legge,
perché ricevessimo l’adozione a figli”.

Fu innanzitutto la beatissima Vergine Maria a ottenere il perdono dal suo Figlio in cielo. Poi Francesco lo ottenne qui in terra dal Papa, e lo promulgò dicendo quella frase molto nota a tutti noi, semplice ma incisiva: “Voglio mandarvi tutti in Paradiso!”.

E in realtà Francesco d’Assisi, grazie al suo sentire cum Ecclesia, cioè alla profonda unione e intesa con la Chiesa universale, offre ancor oggi a tutti coloro che si fanno pellegrini qui alla Porziuncola, l’indulgenza —- per quello che essa è: ovvero un aiuto nel cammino di ricostruzione dell’armonia e della santità battesimale.

Il Poverello, capendo l’urgenza e l’importanza del sacramento della penitenza, lo ha posto come condizione per conseguire “la vita eterna”, come a dire che il Paradiso si consegue non tanto con le opere di penitenza – quale è ad esempio la dura ascesi del pellegrinaggio, della marcia – MA con i sacramenti.

Ecco cosa egli afferma al riguardo nella XXIV Ammonizione:

“È servo fedele e saggio
colui che di tutti i peccati
non tarda interiormente a pentirsi con la contrizione
ed esteriormente con la confessione e la penitenza” (FF 173).

Sembra fargli eco il nostro amato Papa Francesco che, a sua volta, nell’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium scrive:

“Invito ogni cristiano,
in qualsiasi luogo e situazione si trovi,
a rinnovare oggi stesso il suo incontro personale con Gesù Cristo
o, almeno, a prendere la decisione
di lasciarsi incontrare da Lui,
di cercarlo ogni giorno senza sosta. […] Ci fa tanto bene tornare a Lui
quando ci siamo perduti!
Insisto ancora una volta:
Dio non si stanca mai di perdonare,
siamo noi che ci stanchiamo di chiedere la sua misericordia.
Colui che ci ha invitato a perdonare ‘settanta volte sette’ (Mt. 18,22)
ci dà l’esempio:
Egli perdona settanta volte sette.
Torna a caricarci sulle sue spalle una volta dopo l’altra.
Nessuno potrà toglierci la dignità
che ci conferisce questo amore infinito e incrollabile.
Egli ci permette di alzare la testa e ricominciare,
con una tenerezza che mai ci delude
e che sempre può restituirci la gioia” (n. 3).

Ancora prosegue il Santo Padre:

“La fede significa anche credere che [il Signore] veramente ci ama,
che è vivo,
che è capace di intervenire misteriosamente,
che non ci abbandona,
che trae il bene dal male
con la sua potenza e la sua infinita creatività.
Significa credere che Egli avanza vittorioso nella storia
insieme con ‘quelli che stanno con lui…
i chiamati, gli eletti, i fedeli’ (Ap. 17,14)” (Evangelii Gaudium n. 278).

Venga in nostro soccorso “la Madre della Misericordia”, S. Maria degli Angeli,

“perché ogni volta che guardiamo a Lei
torniamo a credere
nella forza rivoluzionaria della tenerezza e dell’affetto”
(Evangelii Gaudium n. 288).

Chiediamo, per i suoi meriti e le sue preghiere, di poter diventare, come san Francesco, strumenti di riconciliazione, di perdono e di pace.

Così sia!

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