Il 2 agosto scorso, un bassorilievo in gesso di Antonio Canova è stato staccato dal muro dell’Accademia delle Belle Arti di Perugia. Doveva essere trasportato presso la mostra dedicata al grande artista di Possagno di Treviso che si sta tenendo in questi giorni a Palazzo Frumentario ad Assisi. Diciamo doveva, perché la grande opera episodio omerico, uno dei pochi esemplari dell’uccisione di Priamo, nella Città Serafica non c’è mai arrivata. Perché? Semplicemente tragico, nello staccarla dal muro si è sbriciolata. Quel bassorilievo era uno dei più celebri del Canova.
Sul fatto, del quale si è interessato solo lo storico dell’arte, Francesco Federico Mancini, dell’Università di Perugia in una intervista sul Corriere dell’Umbria, torna oggi aspramente il “Fatto Quotidiano” a firma di Tomaso Montanari. Il giornale diretto da Antonio Padellaro scrive, tra le tante cose, che la mostra di Assisi è una specie di franchising della Gipsoteca Canoviana di Possagno, istituzione che raccoglie l’eredità dell’artista e che oggi è stata trasformata in una fondazione e, scrive Montanari “cannibalizzata dalla politica”. Il suo presidente è l’ex ministro dei beni culturali, Giancarlo Galan. Al Fatto Quotidiano replica il sindaco di Assisi, Claudio Ricci con una nota. E scrive: :”Ricordiamo che l’incidente avvenuto al calco in gesso (che dice il Primo cittadino è una copia) si é verificato a Perugia presso l’Accademia delle Belle Arti e che l’opera sarà restaurata come doveroso.
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