Riceviamo e pubblichiamo
Il Presidente risponde all’articolo di Chiara Lalli su Wired (http://www.wired.it/play/cultura/2014/09/03/ famiglia/) Ringrazio davvero per la considerazione, la mia persona ha un ruolo molto più modesto di quanto non si pensi; tuttavia, questo sì, è quella che attualmente agisce per servizio, da veicolo per un intero mondo culturale, filosofico, spirituale, religioso, politico e sociale che non la pensa come lei la pone, e lo fa attraverso un canale di diffusione formale di tali opinioni. Vorrei parlare in termini generali, ma visto che sono stato chiamato in causa personalmente, dovrò rispondere con l'”io” che trovo eccessivamente abusato nella società odierna e fonte di fin troppi conflitti.
Preferirei molto più fondermi nel “noi” di una comunità che dialoga e cercherò nelle righe che seguono di restringere l’uso dell’uno e valorizzare quello dell’altro. Ho l’habitus di quelli che ritengono che sia giusto che ognuno esprima la propria posizione, opinione, convincimento, idea; dunque, il primo criterio che personalmente penso sia da approcciare è quello della pluralità dell’informazione, credendo che sia giusto poter dire la propria nell’agorà, la pubblica piazza dove tutti ascoltano e ciascuno forma la propria opinione.
In questo senso perciò già una prima intolleranza appare quella di recepire epiteti e insulti al solo muovere certe idee, cosa con cui invece piuttosto costantemente ci troviamo a coesistere. Emergo con questa considerazione per rammentarci che buoni e cattivi non stanno tutti di qua o di la, ma che uomini di senno possono stare ovunque e a quelli esorterei appellarci, ispirarci e prendere esempio. In seconda istanza mi permetto di far notare che è davvero singolare trattare in modo uguale cose diverse; ciò è un principio di buon senso oltre che giuridico, valido sempre.
[box type=”shadow” align=”alignleft” ]La nostra idea è che le differenze vadano riconosciute, per essere superate. Perché ritengo che se si incappa nella trappola dell’egualitarismo (per sdrammatizzare lo chiamo un po’ scherzosamente “ugualianesimo”), si creano i presupposti per le discriminazioni, giacché si nasconde quello che è evidente, per poi trovarsi a dover negare l’evidenza di quanti tali differenze le vedono, le riconoscono, e non se ne fanno assolutamente un problema, perché il problema non è mai la differenza, è negare la verità delle cose. Se poi quel che è evidente è che uomo e donna sono uomo e donna, che sono due esseri marcatamente peculiari, e la loro unione ha un tratto marcatamente peculiare da quello di altre unioni, ciò non deve assolutamente voler significare che tutte le altre forme di unione devono essere discriminate.[/box]Ammettiamo che ci sono differenze, questo aiuta a riconoscersi, e riconoscersi è il presupposto per vivere in pace e serenità. A me non piace contraddire, mi sembra di ferire l’interlocutore, tuttavia non posso neppure silenziarmi se gli sento esporre cose che non condivido. Una tra quelle da lei dette esprime davvero un errore concettuale, definito dall’ipotesi d’appoggio da cui si parte; perché, se lei mette sullo stesso piano la razza con l’omosessualità tratta in modo uguale due cose diverse, e tutto il ragionamento che ne scaturisce ne viene inficiato, come quando si costruisce un palazzo su fondamenta sbagliate. Perché omosessualità e razza, guardi, non sono davvero la stessa cosa, e lei come anche la comunità scientifica, sa bene che è così. In altra istanza, vorrei segnalare che con riguardo alla mozione, lei fa di tutta l’erba un fascio, confondendo persone, piani, aspetti politici, giuridici, sociologici, religiosi e culturali.
Quel che ad esempio nella mozione compete alla politica è stato dalla politica discusso ed esaminato, come pure dalla politica autonomamente valutato opportuno, e la politica rappresenta la popolazione dei votanti.
Quel che concerne gli aspetti giuridici, visto che cita l’Avvocato Amato, è stato valutato, esaminato e giuridicamente espresso come legittimo dal mondo dei giuristi che hanno ritenuto opportuno presentare all’agorà, e al giudice competente le loro posizioni giuridiche; e le posso assicurare che da parte mia non ho messo bocca sulla questione, ma come i cittadini che ci leggono, ho valutato carte e fatti presentati, e questi mi convincono molto più di altri; per questo, come molti che ci sostengono, abbiamo reputato ammissibile quella posizione.
Per quanto mi compete, come ho spiegato, l’impostazione che conduco è analoga a quella di un “sindacato della famiglia”, quella al singolare, perché tutto nella vita non si può fare, e a me piacerebbe davvero essere in prima linea per la lotta alla povertà, ma non è propriamente il mio carisma rispetto a quello che altri fanno con più audacia e risultati di me; analogamente mi piacerebbe battermi contro l’inquinamento e la manipolazione genetica di esseri viventi e piante irresponsabile e speculativa del liberismo economico più selvaggio, ma ci sono altri che lo fanno meglio di me.
A noi è dato di promuovere questa fetta di società che si riconosce nella dimensione sociale, culturale, religiosa, scientifica e civica chiamata “famiglia quale unione naturale fondata da un uomo e una donna”, e plaudo quando trovo che si vada in tale direzione; ad altri competerà promuovere l’unione formata da due uomini e/o donne; magari ad altri quella sul poliamore, ecc. A me appare assolutamente legittimo che si possa esprimere con questa modalità la propria visione della società; quello che spiace è vedere come tutto debba essere ricondotto a un livello di scontro, contesa, con la pretesa dell’annullamento dell’altro, la demonizzazione di ogni singola sua opinione, lo smontaggio forzoso e speculato delle sue tematiche. Ciò non è davvero nella mia cultura, orientata al dialogo, ma nemmeno in quella della stragrande maggioranza delle persone che conosco.
Personalmente non accetterò mai un terreno provocatorio di questo tipo. Ad esempio, lei mi cita la questione omosessuale, una sorta di Moloc, ma nel comunicato emesso a ridosso del passaggio della mozione assisana non è stato toccato l’argomento, non è nemmeno il fuoco del mio pensiero, che è invece di promuovere la famiglia, se poi in questo qualcuno ci vede un’aggressione, con questo principio nulla si potrebbe più dire, e già in molte occasioni ci siamo andati vicino. Nel caso in questione è stato piuttosto richiesto e ribadito il fatto che sono respinte le posizioni ideologiche, e se permette, questa è tutta un’altra cosa. Da qui mi sorge una domanda: perché con il medesimo principio, ad esempio le offese alla sensibilità del mondo cristiano non trovano analogo riscontro?
Glie ne cito giusto un paio: il Piss Christ di Serrano, difeso dai sostenitori dell’opera come un significativo esempio di libertà di parola e di espressione; o il recente manifesto della mostra LGBTE, che evidentemente mette alla prova la sensibilità di molti, moltissimi; o forse queste sensibilità sono di serie B? Questi esempi sarebbero passabilissimi, ineccepibili, nulla di offensivo? Dov’è il riconoscimento di quelle persone che sentono tradita la loro appartenenza alla società civile? O si tratta di demoni da abbattere? Zavorre della società come qualcuno li (ci) ha definiti? Perché onestamente questa incoerenza doppiopesista non rende credibili le posizioni di apertura a senso unico. Non sarà invece che nei toni gridati e accusatori si nasconde il vero problema di un rifiuto a più ampio spettro? Cosa facciamo dunque?
Stiamo lì a giocare agli indiani e cowboy? Oppure ad esempio partiamo da altre posizioni, magari prendiamo per buono quello che diceva Giorgio La Pira che senza essere precisi più o meno la metteva in questi termini: la politica è uno degli atti di servizio più nobili che si possano esprimere “per gli altri”.
Dunque mi sembra perlomeno corretto riconoscere l’esistenza legittima dell’altro, cosa che normalmente non mi capita di riscontrare, specialmente sui media, perché, tra la gente, per chi ci sta davvero in mezzo, per fortuna, le cose vanno un po’ diversamente e se ha occhi per vedere se ne potrà render conto da sola; infine, un’esortazione sincera: non dia troppa importanza alla tv, internet, ecc; stare in mezzo agli altri è molto, molto più bello e molto più autentico.
Commenta per primo