Nella Marcia della Pace si riuniscono, ad ogni edizione, speranze, progetti obiettivi di diversa ispirazione, formulati da gruppi e associazioni ma anche dai singoli partecipanti, i quali, ognuno con il proprio mondo di emozioni e di cultura, cercano di dare un contributo all’unico grande scopo per il quale si va da Perugia ad Assisi: camminare per testimoniare al mondo che il pensiero della pace fa parte della quotidianità della vita, non è un orpello ideologico, ma l’esigenza viva che si mescola alle sofferenze e alle passioni, alle attese e alle speranze di ogni giorno.”
E’ quanto dichiarato da Marco Vinicio Guasticchi, presidente Upi (Unione Provincie Italiane) e membro della direzione nazionale Pd.
“E , quest’anno – prosegue Guasticchi – sono moltissimi i motivi di preoccupazione che turbano l’aspirazione alla pace, sia a due passi da noi, in Umbria, sia lontano nel mondo. La fortissima crisi occupazionale che riguarda, in maniera molto evidente, l’Ast di Terni e tante altre realtà industriali e del commercio va portata, nel pensiero, nelle parole, negli obiettivi e nei progetti, in cammino da Perugia ad Assisi come preoccupazione dominante: non è di pace quella condizione in cui migliaia di lavoratori, di ogni età, sono diventati dei numeri per aziende che intendono ristrutturarsi, non è di pace quella condizione in cui l’economia di piccole comunità locali viene travolta dalla chiusura di piccole fabbriche e di medie imprese virtuose.
La Marcia della Pace, perciò, deve fare suo questo gravissimo peso che incombe sulla realtà di una regione laboriosa, minacciata perfino nel suo tessuto artigianale, anch’esso trascinato nel gorgo della crisi.”
“E non sono di pace tutte le condizioni in cui si mostra indifferenza e si esprime un infastidito rammarico per l’arrivo, fra di noi, di tanti esseri umani che fuggono da Paesi, dell’Africa e del Medio oriente – precisa Marco Vnicio Guasticchi – insanguinati e impoveriti a tal punto che si generano focolai di terribili pestilenze del mondo moderno dalle quali il mondo moderno è sempre più minacciato.”
“Le parole d’ordine della Marcia di domenica, se parole d’ordine possono contenere realtà così ampie e dolorose, dovranno, dunque, essere dettate prima di tutto dal cuore di chiunque intenderà partecipare al corteo. Per quanto nobili e non condizionate dalla politica, le parole d’ordine più generali non possono esaurire la carica spontanea e soggettiva dei partecipanti.
Esse servono per riconoscere e qualificare la Marcia che, inevitabilmente, anno per anno, cambia progettualità e indirizzo a seconda della situazione complessiva della pace e della guerra su tutto il pianeta. Ma, sulla bocca di ognuno di noi – conclude – devono risuonare di un accento sempre particolare, sempre soggettivo e inconfondibile.
Così possono, in definitiva, diventare quel “coro” che è richiesto dall’impegno di pronunciare con forza la parola “pace” e di farla circolare, alla maniera di Francesco d’Assisi, per tutto il mondo, in cerca di un’eco che non tarderà a venire.”
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