ASSISI – A concludere la due-giorni umbra “Custodire l’umanità. Verso le periferie esistenziali” è stata la sessione dedicata al tema “L’Occidente e il mondo contemporaneo. Analisi e prospettive”, coordinata da Giovanni Maria Vian, direttore de «L’Osservatore Romano», alla quale sono intervenuti il professor Fabrice Hadjadj, scrittore e filosofo, che ha relazionato sul “potere tecnologico e povertà evangelica”, offrendo ampi spunti di riflessione sull’odierna «crisi radicale dell’umanesimo», e l’arcivescovo mons. Gualtiero Bassetti, presidente della Ceu e vice presidente della Cei.
Mons. Bassetti, nel «tirare le fila» del Convegno, non ha esitato a definirlo straordinario e sorprendente: sia per la qualità degli interventi, che per la grande risonanza di pubblico che ha avuto questo convegno. Per questo motivo non posso che iniziare ringraziando calorosamente tutti i relatori e il pubblico numerosissimo che è venuto qui ad Assisi anche da fuori regione e che ha dimostrato, in questa due giorni, un’attenzione costante: ho notato che moltissimi scrivevano prendendo appunti e sono tantissimi coloro che ci hanno già richiesto gli atti».
«Voglio ringraziare anche tutte le associazioni e le realtà ecclesiali della regione che hanno aderito con entusiasmo a questa iniziativa – ha proseguito il suo intervento mons. Bassetti il cui testo integrale è consultabile sul sito www.chiesainumbria.it –. Un’iniziativa complessa e molto impegnativa che è stata realizzata grazie allo sforzo progettuale di alcuni giovani intellettuali supportati, con grandissima partecipazione e competenza, da un gruppo di giovanissimi volontari, per lo più studenti, che hanno dato tutto se stessi per il successo di questa iniziativa. E ringrazio, infine, non certo ultimo per importanza, il Signore che ha permesso tutto questo. Che ha fatto sì che, attraverso percorsi inattesi e inesplorati, per due giorni, qui ad Assisi, alcuni tra i più importanti intellettuali laici e cattolici del nostro Paese, e non solo, si incontrassero e dialogassero intorno alle parole di papa Francesco: “Custodire l’umanità. Verso le periferie esistenziali”».
«Questo incontro – ha evidenziato il presule – è il frutto di un’assunzione di responsabilità da parte di quanti hanno la piena consapevolezza di vivere all’interno di un eccezionale e delicatissimo periodo di transizione storica. Oggi, stiamo vivendo un momento di passaggio epocale, caratterizzato da profondi mutamenti culturali, geopolitici ed economici che, velocemente e bruscamente, stanno ridisegnando la geografia morale e culturale del mondo in cui viviamo. Molti degli interventi di questi giorni sono partiti proprio da questo assunto di fondo».
«La grande narrazione del tempo presente – ha detto mons. Bassetti – è caratterizzata dal paradigma della “crisi economica” a cui si aggiunge quello dell’agonia e del “declino” del mondo occidentale. Un declino, secondo alcuni ineluttabile, i cui effetti sarebbero sotto gli occhi di tutti: il rallentamento della crescita economica e l’aumento dei debiti pubblici degli Stati si legano, inesorabilmente, con l’invecchiamento progressivo della popolazione e con l’aumento di comportamenti antisociali. Il magistero della Chiesa cattolica ormai da anni insiste, giustamente, nel ritenere che alla base di questa lancinante crisi economica si colloca una profonda crisi morale dell’uomo moderno…, che vive in un indefinito e opprimente presente, con sempre meno consapevolezza del proprio passato e della propria storia e, di conseguenza, con sempre meno capacità di proiettarsi nel futuro.
«Uno dei fattori più inquietanti, preoccupanti e più drammatici di questa difficilissima crisi morale-economica – ha proseguito mons. Bassetti – è proprio questa rottura del patto tra le generazioni, tra i vecchi e i giovani, che di fatto sta scaricando dolorosamente il peso maggiore della crisi sui nostri figli e sui nostri nipoti. Nessuno di noi è immune da responsabilità. Ognuno di noi ha il dovere di domandarsi il perché di questa situazione».
«I dati pubblicati ieri dall’Istat sul tasso di disoccupazione giovanile in Italia – sottolineato il presule – lasciano sgomenti: il 41% dei giovani non ha un lavoro. È il dato peggiore dal 1977 ad oggi. Come non capire che dietro queste statistiche terribili si celano, non tanto e non solo dei dati economici, ma un drammatico vuoto esistenziale, una funesta rottura antropologica nel rapporto di scambio tra genitori e figli? Questa consapevolezza della crisi morale-economica della nostra società non deve, però, in alcun modo, farci perdere la speranza e farci distogliere lo sguardo dalla bussola della nostra vita, che è sempre indubitabilmente Cristo».
Poi mons. Bassetti si è soffermato sul «gesto che ha smosso la storia» nel 2013, le dimissioni di Papa Benedetto XVI, definendole «un gesto di cui non si può non sottolineare l’umiltà, la libertà e la fede profondissima. Un gesto a cui noi oggi guardiamo con ammirazione, devozione e gratitudine. Un gesto, dicevo, che ha mosso la storia, che ha aperto strade nuove e inaspettate, come l’arrivo di un nuovo pontefice “preso dalla fine del mondo” e che, tra le moltissime novità che si potrebbero sottolineare, ha preso, per primo, il nome del poverello d’Assisi, San Francesco. Questo tempo, dunque, non è soltanto un tempo segnato dalla crisi economica, ma è indubbiamente un tempo favorevole, è un kairòs, un tempo nel quale accogliere la grazia di Dio e i segni dei tempi di cui ci ha parlato il Concilio. Un tempo che va compreso e che non va demonizzato. Sia per i credenti che per i non credenti. Per la Chiesa questo tempo è, indiscutibilmente, il tempo dell’annuncio. Un annuncio autentico e vigoroso della bellezza del Vangelo. Un Vangelo annunciato ad ogni persona, ai malati e ai bambini, ai poveri e alle famiglie. Un Vangelo annunciato, prima di tutto, agli ultimi. Una Chiesa che non annuncia il Vangelo è, infatti, una Chiesa ritirata nelle stanze vuote di una mondanità spirituale che non produce frutto. Una Chiesa che evangelizza è, invece, prima di tutto una chiesa di popolo. E in questi due giorni, forse, abbiamo visto e toccato con mano questo popolo».
«Una chiesa che per sua natura, dunque – ha evidenziato ancora l’arcivescovo –, non può che essere missionaria e che, soprattutto, deve avere “le porte aperte” per “uscire verso gli altri” e “giungere alle periferie umane”. Verso quelle periferie dell’esistenza, in cui le povertà materiali si assommano alle povertà relazionali, e “verso quei luoghi dell’anima” – come abbiamo scritto nel messaggio iniziale di questo convegno – “dove ogni persona sperimenta la gioia e la sofferenza del vivere, nella speranza che l’umano, di fronte all’ascesa quasi inarrestabile della tecnica, ritorni al centro della riflessione e della convivenza sociale”».
«La Chiesa altro non è che il piccolo gregge – ha sottolineato mons. Bassetti avviandosi alla conclusione –, il popolo viandante lungo i sentieri del tempo, nella compagnia con gli uomini e le donne fratelli e sorelle, votato non al proprio tornaconto, non all’acquisizione di qualsivoglia posto di prestigio, di rendita, di potere: ma al servizio della promozione di tutto l’uomo e di ogni uomo, con sguardo di amore preferenziale rivolto a chi abita le “periferie esistenziali” del mondo moderno».
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