Grazie Papa Francesco, profeta del Vangelo scomodo

Grazie Papa Francesco, profeta del Vangelo scomodo

Ricordato ad Assisi come voce viva del Risorto

Grazie Papa Francesco – Venerdì 25 aprile, nella Basilica Papale di Santa Maria degli Angeli ad Assisi, si è celebrata una messa in suffragio per Papa Francesco, presieduta da frate Francesco Piloni, Ministro Provinciale di Umbria e Sardegna. Durante l’omelia, il religioso ha proposto una profonda meditazione sul Vangelo di Giovanni (21, 1-14), sottolineando come l’eredità spirituale del Pontefice emerga oggi con rinnovata chiarezza e urgenza.

Rileggendo il brano evangelico, frate Piloni ha invitato i presenti a riconoscere i segni discreti del Risorto nella vita quotidiana. Ha evidenziato come l’esperienza della fede non risieda tanto negli eventi straordinari, quanto nella capacità di scorgere la presenza di Cristo nella semplicità e nella concretezza delle relazioni umane. “Il tempo della Chiesa – ha affermato – è il nostro tempo, ed è in questo tempo che il Signore continua a manifestarsi”.

Il Ministro ha poi rivolto un appello a non disperdere la grazia ricevuta in questi anni. Un’esortazione forte, nata dalla consapevolezza che il male agisce anche tentando di cancellare ciò che ha trasformato e illuminato. È in questo contesto che ha preso forma il ricordo di Papa Francesco, descritto come un uomo di Dio che ha parlato al cuore del mondo con passione, tenacia e amore, pur restando spesso inascoltato.

“È stato come il Risorto – ha detto frate Piloni – paziente, ostinato, innamorato della vita, fedele al Vangelo anche nei momenti più difficili, e capace di scorgere resurrezione là dove gli altri vedevano solo oscurità”. Il parallelo con Cristo sulle rive del lago di Tiberiade diventa potente: anche Papa Francesco, come Gesù con i suoi discepoli delusi e stanchi, ha saputo avvicinarsi con dolcezza e comprensione, senza rimproveri, ma offrendo calore, conforto e cibo spirituale.

Il gesto evangelico del fuoco preparato da Gesù sulla spiaggia diventa simbolo dell’agire del Papa: una brace accesa per accogliere e riscaldare, non per giudicare. In questo, ha detto il Ministro, si riflette lo stile inconfondibile di Francesco: un modo di abitare la fede fatto di piccoli segni, atti quotidiani di amore, attenzione per l’altro e parole semplici che scaldano l’anima.

Ha ricordato con emozione il primo saluto del Papa affacciato dal balcone di San Pietro, quel “buonasera” che cambiò il tono della comunicazione pontificia, restituendo alla Chiesa un volto più umano. E poi i tanti Angelus conclusi con un familiare “buon pranzo”, a sottolineare che la santità non vive nell’eccezionalità, ma nella vicinanza concreta.

La sua predicazione, ha sottolineato frate Piloni, è stata sempre centrata sulla fraternità, la semplicità e l’urgenza di relazioni autentiche. Ha fatto della misericordia il fulcro del suo magistero, seguendo le orme del poverello di Assisi, al quale è sempre rimasto profondamente legato. Lo dimostra l’episodio del suo ingresso alla Porziuncola nel 2013, quando, anziché recarsi direttamente all’altare, scelse di salutare uno a uno i presenti, con gesti carichi di umanità.

Frate Piloni ha quindi proposto un parallelo tra Pietro, figura fragile ma trasfigurata dalla misericordia, e il cammino indicato da Papa Francesco: un cammino dove non conta la caduta, ma il coraggio di rialzarsi. Il pontefice, ha ricordato, ha più volte insistito sul fatto che la fede non è assenza di fallimenti, ma possibilità di ripartenza, anche dopo la notte più oscura.

L’omelia si è chiusa con un’immagine commossa: il ricordo di quel giorno in cui il Papa uscì dalla Porziuncola in silenzio, lasciando dietro di sé una scia di spiritualità viva. Disse allora di aver sentito la voce di San Francesco che ripeteva: “Vangelo, Vangelo, Vangelo”. E in quelle parole – semplici, essenziali, disarmanti – si racchiude, secondo il Ministro, l’intero messaggio lasciato da Papa Francesco.

Un’eredità che continua a interpellare i credenti, disturbando le coscienze assopite, scuotendo le abitudini religiose, chiamando a un ritorno essenziale alla Parola, senza orpelli. Per questo, ha concluso frate Piloni, non si tratta solo di custodire un ricordo, ma di lasciarsi ancora interrogare da quella voce che, come il Vangelo, non smette mai di provocare.

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