
CST, Bartolini: “Ma ora chi pagherà i debiti?”
Ciò significa che a norma di legge questi debiti se li dovrebbero accollare i soci del CST, tra cui il Comune di Assisi, pagandoli con i denari delle tasse dei cittadini
da Giorgio Bartolini – Si è appreso dalla stampa che il CST di Assisi (Centro Studi sul Turismo) ha fatto ricorso contro la sentenza di dichiarazione di fallimento decretata dal Tribunale di Perugia. È un suo diritto. Nel merito appaiono deboli le motivazioni su possibili future acquisizioni di commesse da parte dello stesso, sostenute dall’ex sindaco Ricci, che era anche presidente dell’assemblea dei soci del CST.
Ma perché Ricci si preoccupa tanto di questa faccenda? Proviamo a spiegarlo.
Il defunto CST, era sottoposto al controllo politico della maggioranza del comune di Assisi che ha inoltre potuto nominare il Presidente del Consiglio di Amministrazione (allora era sindaco Ricci appunto) e poi il direttore, un attuale consigliere di maggioranza del Comune di Assisi.
Tralasciamo il tema dell’incompatibilità di quest’ultimo al momento della delibera del Consiglio Comunale che attribuiva contributi al CST. Ancor più importante è che questa associazione ha bruciato in 5 anni circa 1.000.000 di euro, creando debiti per circa 1.200.000 euro.
Di conseguenza il patrimonio netto dell’azienda da positivo di euro di 200.000 è andato in negativo per 800.000 euro. Un vero disastro!!! Al solo scopo di dare un’idea del danno sono state bruciate risorse con le quali si sarebbero potuti mantenere posti di lavoro per 20 persone in due anni.
Già il collegio sindacale dell’associazione nell’anno 2011 aveva dato l’allarme, ma mai sono pervenute al comune di Assisi richieste di ricapitalizzazione, com’è d’obbligo in questi casi. In parole povere la dirigenza del CST (Ricci in testa) ha lasciato che i debiti aumentassero senza mettere a punto rimedi validi.
Anzi il bilancio del CST non è stato mai allegato a quello del Comune, nonostante le ripetute richieste della minoranza consiliare, che da anni aveva espresso le sue preoccupazioni in merito, mentre l’ineffabile ex-sindaco rassicurava tutti sulla bontà della gestione dell’ente.
Adesso, con il fallimento dichiarato del CST, i conti sono venuti fuori e la verità è amarissima. Il CST aveva perso totalmente il proprio capitale già nel 2013, come risulta dal bilancio, e verosimilmente anche nel 2012, se non fossero stati capitalizzati “arditamente” alcuni costi, cioè anziché spesarli nell’esercizio 2012 sono stati diluiti nel tempo, così da avere una perdita più bassa. Il risultato finale di tutto questo è una montagna di debiti che qualcuno deve pagare.
Il vero problema adesso è: CHI DEVE PAGARE PER QUESTO DISASTRO?
Il collegio dei revisori ha messo in dubbio il mantenimento della personalità giuridica dell’associazione. Ciò significa che a norma di legge questi debiti se li dovrebbero accollare i soci del CST, tra cui il Comune di Assisi (socio di riferimento) pagandoli con i denari delle tasse dei cittadini.
Di tutto questo l’opinione pubblica è stata a lungo tenuta all’oscuro e il bubbone è scoppiato, guarda caso, solo dopo le elezioni regionali, quando qualcuno aveva già messo al sicuro la propria schiena su di una comoda e redditizia poltrona perugina, lasciando dietro di sé (purtroppo a noi!) i danni.
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