
Rocca di Assisi e il suo ruolo la riflessione di Maurizio Terzetti
Le libertà comunali di Assisi sono nate insieme ai lunghi assalti e agli incendi della Rocca compiuti ai tempi di Francesco.
Oggi, per assurdo, è proprio dalla Rocca, frequentando la Rocca, in amicizia e in compagnia della Rocca, che può ripartire quella conquista di uno spazio di libertà comunale nell’azione verso la città che in molti vorrebbero vedere attuata nella patria di Francesco.
La città che non va in convento, il libero comune capace di progettare la vita degli abitanti della città e dei suoi ospiti, sta nella Piazza del Comune, al Monte Frumentario, a Palazzo Vallemani, al Teatro Metastasio, al Pincio, alla Rocca Maggiore, alla Rocchicciola, alle otto porte della città, sul Monte Subasio.
Con tutto il rispetto per i conventi, la città che non va in convento esiste e ha i suoi luoghi, la sua storia e il suo futuro dentro la cornice di Assisi e della Valle Umbra.
Non ha, però, sufficiente attenzione e adeguata considerazione da parte di chi dovrebbe promuoverne il valore estetico, emozionale e turistico in un unico, grande racconto fatto di una costellazione di eventi e di appuntamenti durante tutto l’anno, come fanno o cercano di fare, invece, gli amministratori della città che vive in convento.
Che cos’è la Piazza del Comune se non un luogo di transito tra Santa Chiara e San Francesco? Bastano due concerti a luglio e a Capodanno per farne, nel rispetto della sua conformazione e senza ostacolare la vita di tutti i giorni, un salotto all’altezza delle piazze di Gubbio e di Spoleto?
Perché non si riesce a collegare in un unico grande polo culturale, tutto esistente lungo via San Francesco, Palazzo Vallemani, il Monte Frumentario e il Teatro Metastasio?
Che cosa impedisce di progettare grandi eventi alla Rocca maggiore e di viverli in continuità con la Rocchicciola e il Pincio?
Molti, infine, dimenticano che Assisi non finisce a Porta Cappuccini e che, passata quella soglia, c’è la città nuova. Anche qui, da un lato un mega convento e dall’altro una città che non va in convento, ma che è un quartiere della città storica, una “parte de sopra” e una “parte di sotto” insieme, che convivono. E che ameranno sempre, infinitamente e perdutamente, andare sul monte Subasio, sentirlo come il grande giardino di casa, eremo di universale felicità come aveva sentito Francesco.
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